COLLEZIONARE
DUGU... |
LA STORIA
La DUGU fu fondata da Bartolomeo Chiodo a Varallo Sesia, dove avviò,
nel 1962, la produzione di modelli di auto storiche in scala 1:43 circa.
"Dugu" nel dialetto locale é il gufo e per questo il
logo della marca rappresenta, stilizzata, la testa del gufo.
Nelle intenzioni del fondatore non era certamente preponderante il desiderio
di produrre giocattoli per bambini. Analizzando i primi modelli appare
chiaro che il destinatario di quegli oggetti era il collezionista, in
genere adulto e con la passione per le auto del passato.
I modelli Dugu erano in diretta concorrenza con quelli della RIO, altro
produttore italiano che vide la luce non molto lontano, a Cernobbio,
proprio nel 1962. In realtà le produzioni della RIO e della Dugu
si sono incrociate proprio nei primi anni di vita dei due marchi. La
Dugu, infatti, commissionava le fusioni delle scocche e i particolari
per assemblare i suoi modelli proprio alla Fratelli Tatterletti (poi
divenuta Stampoplastica) di Cernobbio, e furono proprio alcuni dei fratelli
Tatterletti a fondare la RIO. Gli accordi portarono la Dugu a commercializzare
inizialmente anche modelli RIO, probabilmente perché la RIO ancora
non disponeva di una sua rete di vendita, inserendoli nelle sue caratteristiche
scatolette (vedi la sezione "scatolette" qui a destra) con
codice articolo seguito da una "r". L'accordo durò
solo per poco tempo, finché la rete di vendita della RIO non
fu ampia a sufficienza da poter sostenere agevolmente una commercializzazione
autonoma. Questi modelli, poco più di una mezza dozzina, appaiono
ogni tanto su eBay o nei mercatini.
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I modelli Dugu e i modelli RIO sono comunque
abbastanza simili. I RIO erano un po' meno rifiniti e sono un
po' più smontabili dei Dugu. I Dugu, fragilissimi, avevano
molte parti incollate e dovevano essere ammirati da lontano, senza
toccarli. Entrambi i costruttori hanno inizialmente sofferto per
i fenomeni di metal fatigue che sgretolava in pochi anni le carrozzerie
in zamak. Con l'utilizzazione di leghe zamak prodotte con rame
elettrolitico (e quindi privo di tracce di piombo) la situazione
si é normalizzata e i modelli sono diventati molto più
stabili.
Nelle immagini qui a sinistra, il metal fatigue intacca inesorabilmente
il cofano e la carrozzeria di una FIAT tipo "4" del
1911 (art. 1 della Dugu) e sgretola definitivamente la carrozzeria
di una rossa FIAT 501 Torpedo (art. 4 RIO). Conservare questi
modelli insieme a quelli ancora sani può determinare fenomeni
di "contagio" per contatto. E' bene, quindi, isolare
i modelli che presentano questo difetto ponendoli in una quarantena
definitiva ed evitando di procedere a restauro con stuccatura
delle crepe e successiva verniciatura. In poco tempo, infatti,
verrebbero fuori nuove crepe perché é la lega utilizzata
ad essere "infetta" in modo inguaribile.
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I modelli Dugu costavano un terzo in più rispetto ai RIO,
circa 2000 lire l'uno. Il costo un po' eccessivo non facilitò
di certo le vendite e mentre la RIO è riuscita a sopravvivere
fino a pochi anni fa, quando é stata rilevata dalla M4, la Dugu
ha chiuso presto i battenti, dopo essersi trasferita a Quarona Sesia,
non senza alcuni tentativi di salvataggio. Ha avviato la produzione
della serie economica, denominata serie "Museo", che specialmente
nei primi modelli rivela un livello di finitura neanche paragonabile
a quello della serie originale e non é bastato il riferimento
al "Museo Carlo Biscaretti di Ruffia" a nobilitarla. In realtà
alcuni modelli della serie Museo sono proprio belli (vedi, ad esempio,
la Topolino, la Cisitalia, la Fiat 519S, la Lancia Theta...) e potrebbero
reggere il confronto con la serie Miniautotoys. Inoltre proprio nella
serie Miniatotoys sono realizzati modelli totalmente in plastica (ad
esempio la Rolls Royce o la Balilla Coppa d'Oro) che tenendoli in mano
non danno la stessa sensazione che si prova prendendo una Palombella
o una Fiat 509. Quanto al Museo poi, tutti i modelli prodotti, dal primo
all'ultimo, sono stati progettati dopo ampia frequentazione del Museo
Carlo Biscaretti di Ruffia a Torino (Oggi divenuto, dopo il recente
restauro, "Museo Giovanni Agnelli") e soprattutto del suo
prezioso centro di documentazione.
La Dugu é quindi diventata SISPLA (con sede a Quarona), con catalogo
e produzione identici, e poi ha chiuso i battenti dopo i primi anni
settanta. Quanto restava é stato rilevato dalla Old Cars, che
però non ha proseguito la produzione di autoveicoli del passato,
preferendo dedicarsi ai veicoli commerciali e ai promozionali.
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A sinistra, il comunicato
della DUGU apparso su Topolino negli anni sessanta. Annunciava che
il modellino del Triciclo Bernardi (in versione coperta) era stato
prodotto in 2000 esemplari fuori commercio, destinati esclusivamente
ai soci del "DUGU HIFI" Club. Oggi il triciclo Bernardi
é abbastanza raro, anche nella sua versione scoperta. |
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LE
SCATOLETTE... |
Collezionare Dugu richiede pazienza, abilità e un po' di fortuna.
I modelli sono quasi tutti facilmente reperibili in Italia o all'estero,
ma le loro condizioni sono spesso insoddisfacenti sia per la mancanza
di qualche accessorio (trombe, targhe, fari ecc.) sia per alcuni difetti
caratteristici di questa marca. Tra questi il "metal fatigue"
che sgretola le carrozzerie dei primi modelli in zamac, realizzati impiegando
rame non elettrolitico facilmente contaminato da piombo, e il cattivo
accoppiamento della gomma dei pneumatici con la plastica dei cerchi
ruota e delle basi, che si fondono insieme rovinando inesorabilmente
l'estetica dei modelli stessi.
Quando, scorrazzando su eBay, si trova un modello completo e privo di
difetti e si riesce ad acquistarlo a buon prezzo si pensa di aver fatto
un buon affare e ci si sente soddisfatti. Solo l'esperienza frena gli
entusiami, rimandandoli all'arrivo del pacco. Troppo spesso, infatti,
i modelli arrivano in cattive condizioni perché i venditori non
adottano tutti gli accorgimenti indispensabili per assicurare al modello
un viaggio, a volte molto lungo, sereno. I modelli Dugu arrivano integri
solo se a spedirli sono collezionisti di Dugu. I semplici venditori
o non li proteggono a sufficienza (e i modelli si rovinano sbatacchiando
all'interno della confezione o della loro stessa scatoletta) o li proteggono
troppo, rovinandoli irrimediabilmente con fasciature troppo strette
realizzate con spugnette, plastica a bolle, nastri gommati ecc..
Nella foto sopra: così mi é arrivata, dagli Stati Uniti,
una Itala 25/35 HP in partenza perfetta... Imballare una Dugu per la
spedizione é materia da professionisti, da persone che lo fanno
con il cuore.
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Le scatolette del primo tipo erano in cartoncino termosaldato con due
finestre circolari poste su lati opposti per poter vedere il colore
del modello all'interno. La stessa termosaldatura forniva il materiale
della finestra, che risultava pertanto fragile come sulle prime Politoys-M
e sulle Mebetoys della seconda serie. Le scatolette erano personalizzate
per singolo modello: il codice articolo era riportato in un cerchio
colorato e il tipo di modello riprodotto era scritto in bianco su un
rettangolo di colore giallo. L'esposizione alla luce solare sbiadiva
il rettangolo giallo rendendo presto illeggibile il nome del modello.
La macchinina era tenuta ferma da una sottile striscia di spugna morbida
o da pezzetti dello stesso materiale.
Le scatolette del primo tipo erano di due misure diverse: grande, foto
sopra (Itala Palombella), o piccole, foto sotto (Fiat 3,5 HP).
Con questo tipo di scatoletta sono stati inizialmente commercializzati
dalla Dugu anche vari modelli RIO. In tal caso al codice articolo veniva
aggiunta la lettera "R".
La scatoletta del secondo tipo é composta da una vetrinetta in
plastica trasparente, con base in plastica colorata, contenuta in una
scatoletta esterna caratterizzata da un lato aperto quasi al 100%. L'eccessiva
dimensione dell'apertura rendeva fragile la scatoletta esterna. Per
questo a volte é difficile reperirla in buone condizioni.
La scatoletta era di due misure diverse per poter contenere modelli
grandi (Duesemberg, foto sopra) o piccoli (Fiat 509, Fiat 3,5 HP,...).
Il modello era tenuto fermo da spugnette o elastici). Queste scatolette
erano generiche: il nome del modello era riportato su un'etichetta applicata
alla vetrina e visibile dalla finestra (foto sotto, Fiat 509 Scoperta).
SERIE MUSEO
Le scatolette della serie "Museo" sono in cartoncino
giallo e blu, senza finestra. Si tratta di scatolette economiche, ma
personalizzate per singolo modello. Sulle due facce più estese,
di colore giallo, sono riportati, rispettivamente, il nome del modello
e un disegno semplificato dello stesso.
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Riparare una Dugu sarà abbastanza facile per un esperto modellista.
Sarà invece complicato per un semplice collezionista, abituato
alle Politoys, alle Mebetoys e alle Mercury, composte da pochi pezzi
avvitati o incastrati. Ogni modello Dugu, infatti, é composto
da un numero considerevole di pezzi, alcuni in metallo, altri in plastica.
Rovesciando il modello si vedono delle viti che lasciano intendere una
certa smontabilità. Ma la maggior parte dei pezzi, anche se avvitati,
sono anche incollati e per questo non si riesce a smontare quasi nulla.
Certi particolari presenti in alcuni modelli sono molto difficili da
rimontare correttamente: ad esempio le catene di trasmissione a maglia
metallica della FIAT F2 Grand Prix (art. 4) sono un vero rompicapo.
Così anche le tubazioni del carburante in filo di rame, con serpentine,
applicate al sebatoio ecc.
Il consiglio che sento di dare a chi si accinge a collezionare i Dugu
é quello di acquistare modelli perfetti anche spendendo cifre
un po' più elevate. Fatevi sempre inviare fotografie dettagliate
dei modelli in modo che si possa valutare la completezza, l'originalità
e l'integrità dei modelli. La tecnica di acquistare a poco prezzo
due modelli da cui ricavarne uno buono porta spesso solo a grandi arrabbiature.
A meno che non ci si limiti a sostituire le sole ruote, qualche accessorietto
esterno o la scatoletta.
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